BASKET - Non ci sono eroi, né santi in curva. C’è passione, certo, a volte smisurata, ma c’è anche rabbia cieca, sorda, che in un attimo può trasformarsi in tragedia. Quel sasso lanciato contro il pullman dei tifosi del Pistoia Basket, domenica scorsa a Rieti, non ha solo ucciso un uomo. Ha distrutto una famiglia, cancellato un sorriso, spezzato una vita che non aveva nulla a che fare con la follia. Ma soprattutto, ha colpito tutti noi.
Perché quel gesto ha scalfito la passione. Ha aperto un solco che non si potrà più colmare, una ferita che sanguina dentro chi ama davvero lo sport. In un colpo solo ha spento la gioia dai volti dei bambini, ha reso amaro il ricordo di chi viveva la domenica come una festa, come un momento di appartenenza, di identità, di sogni condivisi.
E ora, inevitabilmente, resta la domanda che nessuno riesce più a evitare: com’è possibile che accada ancora? Che nel 2025 si muoia di sport, di rivalità, di odio travestito da tifo? L’Italia sembra incapace di dare quel giro di vite che altri Paesi, con coraggio, hanno saputo imprimere decenni fa. Il cosiddetto modello Thatcher nacque proprio per questo: negli anni ’80 l’ex premier britannica decise che la violenza non poteva più essere considerata un effetto collaterale del calcio. Così chiuse settori interi degli stadi, creò una banca dati per gli hooligans, impose controlli severi, limitazioni drastiche, pene esemplari. Misure dure, certo, ma necessarie.
Da noi invece si continua a discutere, a rimandare, a cercare scuse. Si parla di “valutare se giocare o no una partita”, come se rinviare potesse bastare. Ma il problema non è nel calendario, è nelle radici. È in una cultura che ha smarrito il confine tra passione e fanatismo, tra sostegno e ossessione, tra tifo e violenza.
Quel sasso ha colpito un vetro, ha trapassato una vita, ma ha infranto anche un’idea di sport pulito, di comunità, di gioia collettiva. Rimettere insieme i cocci sarà difficile. Forse impossibile. Ma se non si inizia da qui, dal riconoscere che non c’è niente di “normale” in tutto questo, allora quel sasso continuerà a cadere, ogni volta che la violenza troverà ancora spazio tra le nostre curve, tra le nostre strade, tra i nostri silenzi.