Nell’aula bunker del Tribunale di Firenze questa mattina (20 marzo 2025) si é tenuta una nuova udienza del processo che vede imputato Daniele Maiorino, 59 anni, accusato di aver ucciso l' 8 gennaio dello scorso anno, davanti alla propria abitazione il cognato e vicino di casa Alessio Cini, operaio di 57 anni, residente in una villetta trifamiliare a Ponte dei Bini, nel comune di Agliana.
Il ritratto della vittima emerso in aula è stato quello di un padre scrupoloso e attento, che non aveva mai fatto mancare nulla alla figlia – sentita come testimone – e che la difendeva sempre, anche quando il cognato (Maiorino) aveva alzato la voce nei confronti della ragazzina, che a casa con alcuni amici, avrebbe fatto troppa confusione. Un uomo generoso, Cini, che più volte aveva prestato del denaro al cognato – 10, 20, 50 euro - cosa che, insieme alle lamentele per il rumore causato dagli amici della 15enne, era stata spesso oggetto di diverbio tra i due. Per l’udienza era previsto l’esame dell’imputato, rimandato su disposizione della Corte per la necessità di un’ulteriore analisi delle intercettazioni. “L’hanno ammazzato” o “L’ho ammazzato”: questo il nodo della questione. Da solo in auto Maiorino, secondo l’accusa avrebbe ripercorso le fasi dell’omicidio, dicendo chiaramente “L’ho ammazzato”. Frase che diventa “L’hanno ammazzato” nell’analisi di perito e consulente della difesa. Nel corso dell’udienza sono emerse anche le discussioni con il vicino di casa, che una volta, per un problema al tetto, avrebbe – secondo un teste - minacciato Cini. Sentito come testimone anche Paolo Tabani, tabaccaio di Ferruccia, di cui sia Cini che Maiorino erano clienti: da chiarire infatti la presenza o meno di un sigaro sul luogo del delitto e la sua proprietà. Lo stesso Maiorino avrebbe sia parlando tra se e se sia allo stesso tabaccaio di non sopportare le persone che lo fumano. E a fumarlo secondo l’accusa sarebbe stato proprio Cini, cosa che però, almeno stamani, non ha trovato riscontro in aula.
Marta Quilici