Pistoia ha festeggiato davanti al monumento ai caduti in piazza della Resistenza la Festa della Liberazione nazionale dal nazifascismo.
Il sindaco Alessandro Tomasi, nel suo discorso ha ricordato l'omicidio di Giacomo Matteotti di cui quest'anno ricorre il centesimo anniversario: un esempio, ha detto il primo cittadino, che vale ancora oggi. Tante le persone presenti, singoli cittadini, associazioni e autorità civili e militari.
E a sottolineare che il 25 aprile fu anche e soprattutto una festa di popolo, si è svolto in Porta al Borgo il tradizionale pranzo in strada, con oltre 500 persone a tavola e decine di volontari del Circolo Arci Ho Chi Minh, che da 20 anni lo organizza, e tra gli stand delle associazioni.
Marta Quilici
Di seguito il testo pronunciato in piazza della Resistenza dal sindaco Tomasi:
"Buongiorno a tutti,
ringrazio le autorità civili e militari, le associazioni combattentistiche e d’arma, l’Anpi, tutti i membri del Cudir e i cittadini presenti questa mattina per celebrare insieme, davanti al Monumento ai Caduti della Resistenza, la Liberazione del nostro Paese dal nazifascismo.
Oggi è prima di tutto una festa, e come accade per tutte le feste, quando ci svegliamo la mattina facciamo gli auguri ai nostri figli e alle persone a cui vogliamo bene.
Magari lo facciamo con un messaggio o con una telefonata.
Oggi la prima cosa che dobbiamo dire, anche urlare, è viva la Libertà.
E dire ai nostri ragazzi, ai nostri figli:
grazie a tutte quelle persone che hanno combattuto per consegnarcela.
Partigiani, partigiane, soldati, persone comuni che nascondendo qualcuno dalle rappresaglie, che passando di nascosto un pezzo di pane, che non collaborando con i fascisti e con i nazisti, come i ragazzi della Fortezza, hanno contribuito a liberarci.
Due parole belle: Libertà e Gratitudine. Ecco di cos’è la festa oggi. Della Libertà e della Gratitudine.
Quest’anno ricordiamo anche il centenario del delitto Matteotti, e oggi è doveroso ricordare questo Martire.
Matteotti venne ucciso dai fascisti dopo il discorso di denuncia che pronunciò alla Camera il 30 maggio 1924.
“Noi – disse Matteotti alla Camera – difendiamo la sovranità del popolo italiano (la sovranità appartiene al popolo articolo 1 della Costituzione), al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità domandando l’annullamento delle elezioni inficiate dalla violenza”.
Matteotti pronunciò il discorso in mezzo ad una maggioranza che gli urlava contro, interrotto da aggressioni verbali, da chi gli voleva impedire di parlare.
Quel discorso lo pronunciò contro i soprusi dei fascisti ma lo pronunciò anche per l’opposizione, per spronarla ad avere coraggio e a dare battaglia, a fare un’opposizione reale, dura, nel luogo deputato a farla.
Al termine del suo discorso disse ai compagni di partito: Ora potete preparare il mio elogio funebre.
È evidente che Matteotti aveva capito in che direzione stesse andando il Paese, verso la dittatura, la privazione della libertà, e conosceva il rischio a cui la sua battaglia e il suo tentativo di svegliare le coscienze sopite di molti, lo avrebbero sottoposto.
Fu ucciso perché rappresentava un pericolo per la dittatura.
Ci sono stati anche in città dei convegni molto importanti dove la figura di Matteotti è stata ricostruita da un punto di vista storico non solo per questa denuncia ma per la sua attività politica prima dell’avvento del fascismo.
Ma permettetemi di fare una riflessione.
Qual è il suo lascito più importante?
Io sono nato in una famiglia di sinistra, socialista. Una famiglia umile, come tante ce n’erano e tante ce ne sono, e che come molte altre erano guidate nella loro vita da una certa visione del mondo.
La politica permeava in modo ideale molto più di oggi la vita delle famiglie.
Mi colpiva che anche nelle famiglie più umili, anche tra gli ultimi dei militanti, si acquistavano libri che raccontavano la storia, la Resistenza, la politica. A casa mia sicuramente non mancavano libri su Matteotti.
Perché mi ricordo bene che in famiglia, in quelle case umili di cui si diceva prima, quando si parlava di fascismo e di guerra si ricollegavano subito a due cose: gli assassini di Mattotti e quelli che hanno firmato le leggi razziali.
L’uccisione di un avversario politico era l’atto più vigliacco e atroce.
Matteotti era idealizzato dalle persone comuni come un eroe. Come il primo Martire. E’ una figura intoccabile. È esempio di coraggio, della prima opposizione al fascismo. È un esempio a differenza di chi voltò le spalle dall’altra parte, molto spesso per convenienza.
E allora vi dico che mi ha colpito molto anche ciò che disse Walter Veltroni qui a Pistoia, durante un’intervista in occasione della presentazione del suo libro.
Disse che la storia è complessa e che dopo la Liberazione, sapete di cosa erano piene le fogne di Roma? Erano piene di tessere del partito fascista.
Segno questo che, seppur in un periodo certamente contraddistinto dall’uso della violenza, della forza, in cui era la paura ad orientare le scelte delle persone, e anche la convenienza, c’era comunque stata una adesione di popolo perché mancavano ancora gli anticorpi alla dittatura.
Mentre in alcune persone illuminate come Matteotti questi anticorpi erano presenti, ancora non lo erano tra la popolazione.
Allora oggi dobbiamo lavorare affinché esempi come quello di Matteotti siano sempre vivi, proprio per coltivare questi anticorpi che non devono mai mancare.
I giovani, le persone hanno bisogno di esempi concreti, di comportamenti concreti e non di retorica.
In questo senso, vi racconto il progetto dell’Istituto Einaudi che ho voluto sostenere.
Il Comune di Pistoia ha contribuito con 5mila euro al viaggio di istruzione ad Auswchwitz e Birkenau che ha coinvolto circa 150 studenti. L’ultimo gruppo è rientrato a Pistoia proprio negli scorsi giorni.
Vi voglio leggere qualche loro pensiero, perché sono la testimonianza di come certe iniziative possano fare la differenza.
Questa è la testimonianza di uno studente del corso serale:
Auswchwitz e Birkenau mi hanno tanto impressionato, lasciandomi una tristezza profonda che mai potrò dimenticare. Ho pensato in quel momento alla sofferenza di queste persone soprattutto a quella dei ragazzi disabili, come Ivanna mia figlia, che veramente non si potevano difendere, sono rimasto con un nodo alla gola. Questi luoghi di sterminio mi hanno fatto riflettere e mi sono chiesto come l’uomo possa diventare perverso, crudele e folle nei confronti dei suoi simili. (Malarin Cesar Pimentel David)
Un’altra testimonianza:
La cosa più impressionante è stata vedere gli oggetti delle persone deportate: valigie, occhiali, scarpe, scodelle e addirittura i capelli tagliati con i quali, ci ha spiegato la guida, venivano intrecciate reti e calze per i marinai. Vedo ancora nella mente i loro volti esposti nelle foto. Mi ha impressionato l’odore delle ossa bruciate, cosa che credevo fosse solo una diceria. Anche il museo di Birkenau mi ha molto colpita, soprattutto i binari del treno dove arrivavano i prigionieri che venivano lasciati nei due settori (maschi e femmine) separati da una rete spinata per essere selezionati. Adesso là c’è un campo verde che un tempo era solo fango. Pensare che tutta quella gente innocente è stata uccisa, o torturata, che è morta di stenti e malattie, è veramente terribile ed è stato scioccante per me. (Valentina Silvestro)
Questo è il pensiero di una studentessa: Se potessi la rifarei 1000 volte perché mi ha dato modo di riflettere su argomenti importanti e ancora attuali. In particolare le grandi dimensioni dei campi e la grande organizzazione al loro interno mi hanno fatto riflettere su come tutto fosse pensato per UCCIDERE senza possibilità di salvezza. E’ stata un’opportunità importante anche perché non dobbiamo dimenticare ciò che è successo nella speranza che non riaccada in futuro. (Giulia Marcianò).
Ne sono arrivate anche altre, e per questo ringrazio gli studenti e le studentesse, la dirigente scolastica Elena Pignolo e il professor Massimo Vannucci. Sarebbe bello raccoglierle tutte in una pubblicazione.
Già queste che vi ho letto, ci bastano a capire quanto certe iniziative siano importanti per coltivare quegli anticorpi alle dittature, alle guerre, necessarie in ogni epoca.
Quegli anticorpi e quei valori coltivati con la Liberazione e impressi nella Costituzione.
Il sangue, l’impegno, il pensiero di chi liberò il Paese è confluito nella Costituzione.
Possiamo dire che oggi questo testo sia attuato in pieno? No.
Sappiamo che ci dà però delle direzioni a cui tendere.
Cosa vuol dire combattere il fascismo oggi? Non in una visione storica e sterile, non nella logica della strumentalizzazione politica che viene da destra o sa sinistra.
Combattere il fascismo oggi vuol dire combattere contro qualcosa che di volta in volta si frappone alla realizzazione di una realtà verso cui tende la Costituzione.
Per esempio leggiamo l’articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Questo significa che bisogna combattere il razzismo, perché siamo tutti uguali.
Oppure l’articolo 32 sulla salute.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Dobbiamo lottare per la sanità pubblica!
L’articolo 21: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Pensate a quanto sia potente questa libertà. Pensate a quanto è stato potente il discorso alla Camera di Matteotti, l’espressione del suo pensiero. Le sue parole hanno rappresentato una minaccia per la dittatura.
Articolo 31: La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi.
Oggi ai giovani è realmente data la possibilità di fare una famiglia?
Articolo 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
E’ davvero così oggi?
Evidentemente c’è ancora molto da fare.
Per combattere i totalitarismi - e per noi è meno pericoloso rispetto al passato e molto più chiaro su come farlo – occorre lottare affinché si realizzi quanto scritto in questo semplice e potente testo.
Oggi è un giorno di festa. Spero che ognuno di voi lo abbia iniziato festeggiando e mi piace pensare che stasera, in ogni casa, si dica ancora una volta viva la Libertà! Viva la Liberazione! E grazie a chi ci ha liberato!
Buon 25 aprile!"