"Mio cognato era una persona stupenda. Ci andavo d'accordo. Eravamo come una grande famiglia. Quando mi hanno accusato del suo omicidio mi è caduto il mondo addosso. Sono in carcere da 15 mesi senza aver fatto nulla".
Sono alcune delle parole di Daniele Maiorino pronunciate questa mattina davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Firenze, in cui per quasi 4 ore ha sempre ribadito la sua innocenza.
L'uomo è ritenuto responsabile dalla Procura di Pistoia di aver ucciso il cognato e vicino di casa Alessio Cini, 57 anni e di avergli poi dato fuoco.
Il delitto avvenne l'8 gennaio 2024 davanti alla villetta trifamiliare di via Ponte dei Baldi ad Agliana in cui vivevano, in tre diverse abitazioni la vittima, il suo presunto assassino e un'altra famiglia.
Daniele Maiorino, in carcere da 15 mesi, ha risposto alle domande del pubblico ministero Leonardo De Gaudio, degli avvocati di parte civile, del suo difensore Katia Dottore Giachino e della Corte, dando la sua versione di tutte le intercettazioni (le conversazioni tra sé e sé in auto in cui ripercorrerebbe le fasi dell’omicidio) che rappresentano alcuni degli elementi principali su cui si fonda l'accusa.
“L’ho preso a calci… gli ho rotto lo ste… il costato.. l’ho troncato”… e ancora “Il sangue che veniva fuori… ho commesso un omicidio”: Maiorino ha spiegato queste frasi da lui pronunciate – catturate dalle intercettazioni ambientali degli inquirenti – come una sorta di un solitario flusso di coscienza, in cui in parte ripeteva cose sentite da altri o apprese dai media, … in parte preparandosi ad una futura conversazione… oppure ancora immedesimandovi in quello che secondo lui sarebbe stato l’assassino…
Marta Quilici