L’arma del delitto – mai trovata – potrebbe essere una sorta di zappetto. A dirlo è il dottor Brunero Beglionimi, medico legale, anatomopatologo, incaricato dalla difesa di Daniele Maiorino, accusato dell’omicidio del cognato e vicino di casa Alessio Cini.
Con uno zappetto come quello esposto in Corte d’assise dal dottor Begliomini, l’assassino, quella mattina dell’8 gennaio 2024, avrebbe inferto un colpo alla testa capace di tramortire la vittima e farle perdere i sensi. Una volta a terra l’assassino lo avrebbe preso a calci al torace e alla schiena, lo avrebbe cosparso di benzina e gli avrebbe dato fuoco. A quel punto, la morte, per il dottor Begliomini, sarebbe intervenuta per l’inalazione dei fumi di cianuro sprigionati dalla combustione degli indumenti sintetici che aveva addosso Cini.
Il medico legale ha inoltre valutato l’invalidità al braccio destro di Maiorino, dovuta ad un infortunio. Visitato in carcere, per il dottore l’imputato non riuscirebbe neppure a pettinarsi portando la mano alla nuca pertanto, non avrebbe potuto colpire Cini alla testa, anche qualora la vittima fosse stata in ginocchio.
Nel cortile della trifamiliare di via dei Baldi, luogo dell’omicidio, vi era una telecamera di proprietà dei vicini di casa, posizionata su un capanno, che però non ha funzionato al momento dell’omicidio, riprendendo l'attività subito dopo.
Nella relazione informatica chiesta dal tribunale al perito Maurizio Berti si indicano tre possibili cause: potrebbe semplicemente non essere stata visionata tramite app dai proprietari, potrebbe non aver funzionato il wifi, potrebbe essere stata staccata la spina.
Nel corso dell’udienza è stata ascoltata anche la genetista Martina Chiappelli, anch’essa consulente di parte, che ha indicato come la traccia di sangue di Cini rinvenuta su una scarpa di Maiorino potrebbe anche derivare dal calpestio.
Marta Quilici