PISTOIA - Se si pensa alla scuola, ciò che immediatamente balza alla mente sono gli studenti e i professori, ma senza coloro che arrivano prima di tutti per aprire classi, bagni e plessi, che in segreteria si occupano di tutta la parte amministrativa, o che, all’interno dei laboratori, fanno funzionare i computer e le varie strumentazioni, la scuola non potrebbe funzionare. Si tratta del cosiddetto personale ATA, ossia la parte non docente che lavora negli istituti scolastici. E solo a Pistoia per l’anno scolastico che sta per iniziare di queste figure ne servirebbero 169. Tanti infatti sono i posti disponibili per nuove assunzioni. Ma con il decreto dello scorso 6 agosto, il Ministero dell’Istruzione ha autorizzato le immissioni in ruolo soltanto per 51 posti, ossia poco più del 30%; per gli altri – salvo qualche minimo aggiustamento dell’Ufficio Scolastico Regionale – le scuole dovranno ricorrere al precariato. Una percentuale a cui le scuole sono ormai abituate, anche se il dato di quest’anno è peggiore di quello dell’anno passato, in cui la percentuale superava di poco il 33%.
La situazione peggiore è per gli assistenti tecnici: su 18 posti solo 3 saranno le assunzioni stabili, ossia neanche il 17%, in calo di 4 punti rispetto all’anno scorso).
Male anche tra gli assistenti amministrativi: solo 10 su 34 le assegnazioni in ruolo.
Di posti vacanti per collaboratori scolastici ce ne sarebbero poi 117 in tutta la provincia, ma soltanto 38 saranno coperti da assunzioni stabili. Anche in questo caso il dato è peggiore dello scorso anno.
A lanciare l’allarme è la FLC Cgil, ossia la federazione del sindacato che riunisce tutti i lavoratori della conoscenza, scuola compresa dunque, con il segretario provinciale Giandomenico Lotito che denuncia:
“Come in altre situazioni la criticità nasce dal Ministero, poi gli uffici scolastici territoriali devono riparare senza avere le adeguate risorse e alla fine le Istituzioni Scolastiche dovranno affrontare un nuovo anno scolastico con le medesime difficoltà del precedente”.
E per questi motivi, accanto al parere negativo verso le politiche nazionali sull’istruzione, non esclude nuove iniziative di mobilitazione come quelle dello scorso anno.