I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Pistoia hanno eseguito un arresto (ai domiciliari) e hanno effettuato un sequestro preventivo (di oltre 1 milione e 300mila euro) nei confronti di un sessantacinquenne, originario del Piemonte ma da tempo residente in provincia di Pistoia, ritenuto responsabile, di usura, estorsione, atti persecutori, truffa aggravata ed autoriciclaggio di proventi illeciti.
Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Pistoia, su richiesta della Procura della Repubblica.
Le operazioni di sequestro, condotte a Pistoia, Pescia, Monsummano e Buggiano, hanno interessato anche due suoi familiari, indagati per riciclaggio, e altre 6 persone, sempre imparentate, alle quali aveva fittiziamente intestato beni e disponibilità finanziarie.
Le indagini sono partite dopo che i controlli sul principale indagato e sul suo nucleo familiare hanno evidenziato un elevato tenore di vita; una condotta sospetta nonostante tutti non disponessero di fonti di reddito ufficiali dichiarate al fisco.
Le successive indagini coordinate dalla locale Autorità Giudiziaria hanno fatto emergere come una imprenditrice piemontese, in grave stato di indebitamento, aveva ricevuto in prestito dallo stesso, a più riprese, 150mila euro.
Nel tempo, la vittima era poi stata costretta a versare consistenti somme di denaro, a titolo di “spese” mai documentate dal sedicente “amico”, e a rilasciargli come garanzia, una procura speciale a vendere alcune proprietà immobiliari e diversi titoli di credito, che lo stesso minacciava di riscuotere.
Il tutto perseguitandola e molestandola con continui messaggi e telefonate intimidatorie, grazie alle quali riusciva ad estorcerle interessi usurari ad un tasso superiore al 100% quindicinale o mensile.
Il principale indagato era riuscito a raggirare la stessa imprenditrice, ottenendo il versamento di circa 1 milione di euro, per un presunto investimento in una società bulgara, dallo stesso falsamente presentata come attiva e con un crescente volume d’affari, ma che, nei fatti, non era mai stata operativa.
Analogo investimento, in altra impresa bulgara, era stato prospettato a un secondo imprenditore piemontese, che veniva dapprima indotto a rilasciargli 40 cambiali firmate in bianco e poi costretto a versargli oltre 50mila euro, dietro minaccia di porle all’incasso.
I proventi illeciti, dopo essere stati veicolati su conti correnti nazionali ed esteri riconducibili ai tre indagati, venivano utilizzati per l’acquisto di immobili, autovetture, motociclette e orologi di lusso, dei quali è in corso il sequestro.